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due tre cose

Venerdì 30 settembre scorso ho partecipato ad una sezione di una giornata di studi a tema “Marghera, riconversione, progetto, paesaggio” con riferimenti ad alcuni casi studio di grandi interventi su waterfront, in Italia e all’estero. I miei ineteressi e la mia curiosità erano orientati a capire e verificare proprio i rapporti con i temi che hanno come prefisso il “ri” o il “re” e la loro connessione con il paesaggio. Ho ascoltato, e in sintesi capito poche ed essenziali cose, cose forse riasapute, da ribadire: che in Italia è molto critico lavorare, portare avanti grandi progetti, che siamo orientati alla trascuratezza e alla pianificazione occasionale, che abbiamo eccesso di regole, che stiamo perdendo identità dei luoghi. Gli scenari all’estero sono invece più gradevoli.
In tal senso mi è piacuto molto l’intervento di Chiara Mazzoleni “Governare la riqualificazione urbana: le aree portuali di Amburgo” e la sua premessa sulla pianificazione italiana, priva ad oggi di qualsiasi ‘visione’ a lunga ‘scadenza’, quindi non ‘misurabile’, cercando di sintetizzare nello schema che segue i concetti espressi come esempio di programmazione per la riqualificazione urbana. Nella loro sintesi sono logiche operative che spesso in Italia citiamo (con gran entusiasmo di facciata), ma che mai con trasparenza riusciamo ad infilare una dietro l’altra.
Due tre altre cose poi apparantemente marginali mi hanno interessato. Per prima, aver intuito che lo stesso spazio che ci ospitava è un esempio reale di riqualificazione e motore per la stessa area di Marghera (anche qui uno schema riassuntivo con la frase ‘lavorare sul percepito’ che da credito ai vent’anni di VEGA), e che molti termini in voga in ambito di innovazione nel terziario stanno prendendo una sfaccettatura diversa, start-up per prima. Anche la parola ‘rigenerazione urbana’ non è stata abusata, evitandomi l’orticaria, mentre molto più spesso si parla di processi e meno di progetti, rischiando a volte che l’uno scalzi l’altro invece di coesistere. Una lettura personale ed incrociata, infine, dei casi visti (l’area del porto di Genova, l’area Bagnoli, la stessa Marghera) mi porta ad indicare che le aree che hanno ottenuto dei risultati positivi in ambito urbano sono proprio quelle dove si è verificata una positiva risposta della cittadinanza, con sinergie ambientali e uso riqualificato dei luoghi. La parola politica (anche del territorio) dovrebbe sempre più spesso coinvolgere le persone e la vita relazionale, le pratiche di progetto dovrebberò sempre più spesso associarsi alla parola ‘ascoltare’.

(immagini tratte dal progetto ‘l’occhio plurale’)

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